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Per me, questo è un grosso errore! Poveri clienti!

Continua la nostra serie di contenuti realizzati con il nostro testimonial Federico Visinoni, Campione del Mondo Pizza World Championship 2015.

Un altro errore importante che si fa è quello di non mettersi mai nei panni del cliente.

Stando in pizzeria viviamo una realtà tutta nostra, dove conosciamo tutto, ma il cliente non comprende il motivo delle nostre scelte. Quindi non sa se abbiamo servito la pizza con un po’ di attesa a causa di una momentanea carenza di personale, oppure se abbiamo aumentato i prezzi perché a nostra volta abbiamo dovuto accettare un maggior costo di materia prima.

Magari fino a ieri una Margherita costava 4 € e oggi costa 4,5 € perché è aumentato il costo della farina, della polpa e della mozzarella. Può succedere che il cliente paghi senza dire nulla e, visto che siamo nell’era dei social network, decida di lasciare una recensione negativa, dicendo che è aumentato il prezzo, che ora è più caro. Purtroppo non abbiamo l’opportunità di spiegare a tutti i nostri clienti il motivo di questo piccolo aumento.

Se parliamo di piccole imprese come le pizzerie, normalmente, non si ha l’opportunità di poter spiegare a tutti i clienti il motivo di un aumento, ma è consigliabile almeno provarci. Comunicare con il cliente può evitare che si faccia un’idea sbagliata e finisca per condividere un parere negativo con amici e conoscenti. Anche se il motivo di un disservizio fosse giustificabile, a causa di un reale intoppo, di un impedimento, così come se stessimo parlando di un aumento dei prezzi, potremmo comunque risultare in torto agli occhi del cliente, perché lui non sa… non vive il nostro quotidiano.

Non sa quello che accade realmente, quindi è sempre meglio tentare di anticipare la polemica e provare a spiegare al cliente, nel miglior modo possibile, i motivi delle vicende negative (aumenti di prezzo, attese troppo lunghe, etc) senza dare per scontato che li capisca e li accetti soltanto perchè sono reali.

Quindi che cosa suggerisci di fare?

Ad esempio quest’anno in una pizzeria hanno avuto un calo delle vendite dovuto all’aumento dei prezzi.

Quando io ho chiesto al nostro cliente il perché avesse aumentato i prezzi, lui mi ha detto che l’aveva dovuto fare perché gli avevano aumentato i prezzi di una serie di ingredienti, e aveva perso marginalità. Però il cliente finale non lo sa, questo: vede soltanto in te l’avarizia di voler guadagnare di più. Ma prima di cambiare il menù, dobbiamo giustificare che andremo a fare quel cambiamento perché è avvenuto un cambiamento anche per noi.

Facciamo un esempio: mi aumenta la farina di € 1 al kg, e la mia marginalità – ipotizziamo – è così diminuita del 5%… ma dovrò recuperarla da qualche parte perché sennò negli anni, piano piano, andrò fondamentalmente a lavorare gratis!

Ma questo io lo devo spiegare al cliente. Ad esempio spiegando che, siccome utilizzo un prodotto di un certo tipo, ho questo tipo di costo e quindi può esserci la variazione su quel tipo di pizza o su quel tipo di prodotto.

Però non posso – secondo me almeno – aumentare i prezzi senza giustificare. Perché il cliente la domanda non se la porrà neanche! Non tutti i clienti dicono “vabbè sicuramente l’hanno fatto perché è successo questo, questo, e questo”: la realtà è che al cliente interessa esclusivamente quanto costa a lui la pizza.

Ricordo questa cosa: nella prima pizzeria, “pizza in teglia”, facevo una pizza con mazzancolle, guanciale, burrata di bufala e tartufo. Costava € 2,50. L’abbiamo dovuta togliere perché troppi clienti ci davano “dei ladri”, perché se uno prendeva un pezzo doppio di pizza costava € 5; nessuno si è domandato quanto costasse a me fare quel pezzo di pizza. Quanto spreco avevo magari avanzando il prodotto nella teglia a fine serata, non venduto. Non calcolando la manodopera, non calcolando il tempo impiegato dai dipendenti (con il costo dei dipendenti) e di tutta la struttura. Quindi purtroppo c’è troppa poca sensibilizzazione del cliente nel far conoscere quello che noi facciamo. Quanto ci costa farlo, il tempo che impieghiamo per fare quel prodotto, quanto studio c’è dietro, e il cliente purtroppo nelle imprese di largo consumo non se lo chiede. Il cliente generalizza.

E’ come quando mi chiamavano e chiedevano “Quanto costa quella teglia?” e rispondevo “Guardi signora di quel gusto costa tot” e mi rispondevano “Eh ma a me la pizzeria tal dei tali una teglia me la fa a € 12”. La risposta era “Signora quella è una teglia di margherita da € 12, questa non è una teglia di margherita è una teglia che sopra ha dei prodotti che hanno un costo”. La risposta era sempre: “Sì ma a me una teglia di margherita me la fanno a € 12”. Quindi è una ricerca più del prezzo, che una valutazione effettiva di quello che si compra.

Se io avessi una pizzeria, la prima cosa che farei sarebbe prendere dei televisori in cui mostrare dove compriamo le cose, come  selezioniamo ingredienti Made In Italy, i costi degli ingredienti, facendo capire che il costo è giustificato dalla qualità. Se il cliente vuole paga e acquista un prodotto buono, altrimenti niente, ma almeno viene informato e può capire le cose.

Tu facendo questo vai a sensibilizzare il cliente sulla materia prima che acquisti. Per esempio nel nostro caso usiamo farine molto ricercate, italiane, lavorate in una certa maniera, senza additivi chimici, senza OGM, con una macinatura a pietra molto particolare, che hanno quindi dei costi per noi che la acquistiamo e per chi la fa. Per questo da noi abbiamo messo degli opuscoli sui tavoli che spiegano come si ottiene la nostra farina, facendo capire al cliente, e dandogli così anche un metro di giudizio, che il prodotto che sta mangiando è particolare, ricercato e che per noi ha un costo.

Se non lo riconosce e non è disposto a pagare la qualità, significa che non sono io il pizzaiolo giusto per lui.